Lo Yemen è uno dei Paesi più colpiti dallo stop alle importazioni di grano dall’Ucraina, mettendo il luce come le conseguenze del conflitto possano arrivare lontano

 

 

Le conseguenze di un conflitto, seppur locale o regionale, non restano quasi mai nei confini del territorio dove ha avuto origine. Nonostante a volte sia complesso verificare in che modo un conflitto impatti su altri contesti, spesso è quello che accade in un mondo iperconnesso. La guerra in Ucraina, iniziata lo scorso 24 febbraio, è un esempio, e lo Yemen è tra i principali Paesi colpiti dalle conseguenze. A distanza di sette anni dall’inizio del conflitto nello Yemen, la più grave emergenza umanitaria al mondo è ora teatro di un ulteriore deterioramento della già profonda crisi alimentare. La crisi del grano, causata dal blocco delle esportazioni dai porti ucraini ai principali Paesi importatori, si fa sentire forte sul territorio yemenita.

 

Le importazioni dall’Ucraina rappresentano il 31% del grano arrivato negli ultimi tre mesi nel Paese. I prezzi hanno subito un drastico aumento, fino ad arrivare a superare di sette volte quelli del 2015 (fonte OCHA). La capacità di stoccaggio dei porti principali di Aden e Hodeida riesce a coprire solo il 20% del fabbisogno annuo, comportando una forte esposizione alla volatilità dei prezzi sul mercato internazionale. Ad oggi un chilo di farina di grano costa in media più di 800 rial nel sud del Paese, rispetto ai 146 rial di prima della crisi. “Il costo del paniere alimentare era già quadruplicato nel corso del 2021”, racconta Mattia Leveghi, operatore di INTERSOS in Yemen,l’inflazione continua ad aumentare e a questo si somma la mancanza di petrolio, nonostante lo Yemen stesso ne sia ricco, mentre la strutturale carenza di acqua potabile è esacerbata dal cambiamento climatico”.

 

Il sistema sanitario è stato irrimediabilmente indebolito dal conflitto: la metà delle strutture mediche non è ad oggi funzionante e le condizioni igienico sanitarie di migliaia di persone sono davvero precarie. Questo quadro rende ancora più concreto il rischio di malnutrizione per una larga parte della popolazione. L’intervento umanitario, in condizioni simili, assume sempre più un ruolo determinante per la sopravvivenza delle fasce più vulnerabili. Eppure può dimostrarsi parzialmente inefficace nel momento in cui subisce forti tagli economici. Nel corso degli ultimi due anni c’è stata infatti una generale riduzione dei fondi disponibili per la risposta umanitaria nello Yemen che è andata ad acuirsi a seguito della crisi in Afghanistan (agosto 2021) e ora con quella in Ucraina. “Lo scoppio della guerra in Ucraina ha comportato una minore attenzione e minori fondi disponibili per altre crisi”, racconta Leveghi, “Nonostante la popolazione che necessita di assistenza e protezione umanitaria sia aumentata da 21.7 a 24.3 milioni tra 2021 e 2022, a oggi solo il 27% dei fondi necessari per il 2022 sono stati garantiti. Questo ha comportato la riduzione o la sospensione di interventi essenziali, inclusi servizi medici fondamentali. La nostra organizzazione ne è diretta testimone: tra la fine del 2021 e luglio 2022, abbiamo dovuto sospendere il nostro supporto a circa 21 tra strutture mediche e cliniche mobili nel Paese”. 

 

I numeri della malnutrizione

 

Nel mentre, i numeri legati alla malnutrizione aumentano: sono circa 50mila i bambini che non ricevono cibo a sufficienza ogni giorno, soffrendo così di quella che viene definita malnutrizione severa. Più di 2 milioni di minori hanno raggiunto il livello di malnutrizione acuta, la stessa in cui vivono anche 1,3 milioni di donne in stato di gravidanza o allattamento. 4.6 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile. Da dicembre del 2020, si registra un aumento del 29% della popolazione in stato di crisi alimentare, parliamo di circa 18 milioni di persone (fonte OCHA).

 

“Lo scorso anno, in tutte le aree dove siamo operativi, abbiamo fornito servizi di nutrizione a circa 265mila persone, intervenendo sia con attività di prevenzione che di cura. Abbiamo così raggiunto oltre 53mila bambini al di sotto dei cinque anni, curandone più di 3mila in stato di malnutrizione acuta. E poi ci sono le donne in allattamento o gravidanza che si trovano in stato di malnutrizione: nel 2021, ne abbiamo curate più di 2mila, spiega Leveghi. 

 

In una situazione in peggioramento, le ultime analisi prevedono che circa 160mila persone entro la fine dell’anno si troveranno in stato di carestia, la fascia più grave per quanto riguarda gli stati di insicurezza alimentare. “Una fase acuta che le organizzazioni umanitarie da sole non riusciranno a contrastare senza un reale intervento da parte della comunità internazionale, con la guerra in Ucraina che non fa che aggravare la situazione” conclude Leveghi. 

 

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