RDC: milioni di persone fuggono dalla violenza in Nord Kivu
Nella provincia del Nord Kivu, in Repubblica Democratica del Congo, dalla fine del 2022 i combattimenti tra il gruppo armato M23 e l’esercito congolese sono ogni giorno più violenti e colpiscono sempre più indiscriminatamente i civili. In quest’area quasi 3 milioni di persone sono sfollate e i bisogni umanitari sono allarmanti.
Il Nord Kivu, provincia a est della Repubblica Democratica del Congo, è tormentato da conflitti da oltre due decenni, a causa della presenza di numerosi gruppi armati, tra cui il Movimento del 23 marzo (M23). Da due anni in quest’area sono ripresi violenti combattimenti tra l’M23 e l’esercito congolese (FARDC) e a partire da gennaio 2024 la situazione si è drasticamente deteriorata.
L’M23 sta avanzando nella parte orientale della RDC. Da mesi ormai il gruppo armato ha allargato la propria presenza fino a pochi chilometri da Goma, capitale del Nord Kivu, con scontri anche al confine con la provincia del Sud Kivu. Attualmente le violenze più intense si registrano nell’area di Lubero. Queste dinamiche stanno aggravando gli già massicci spostamenti di popolazione. Più di 1,5 milioni di persone erano già state costrette a lasciare le loro case a partire da marzo 2022, ma, dalla fine del 2023, a causa delle violenze in corso nel territorio di Rutshuru, un gran numero di persone è fuggito verso nord, cercando rifugio nell’area di Kanyabayonga e raggiungendo anche il sud del territorio di Lubero.
Attualmente ci sono 2,8 milioni di persone sfollate nel Nord Kivu, di queste 540mila sono nella capitale Goma e nelle aree limitrofe. Molte di queste persone sono state costrette a spostarsi più volte.
In totale in RDC sono oltre 7 milioni gli sfollati interni nel Paese, in quella che è una delle più grandi crisi di sfollamento al mondo, seconda solo al Sudan. Oltre l’80% degli sfollati interni nel Paese risiede in aree protette dalla Missione integrata di mantenimento della pace delle Nazioni Unite (MONUSCO), che ha annunciato il proprio ritiro dal Sud Kivu. Questo processo potrebbe facilmente portare a un vuoto di potere e a una conseguente impennata della violenza, violazioni dei diritti umani e ulteriori sfollamenti.
L’allargamento del conflitto e l’escalation della violenza a Est hanno innescato, oltre agli sfollamenti di massa, una gravissima crisi di protezione: le parti in conflitto utilizzano regolarmente l’artiglieria pesante e prendono deliberatamente di mira i civili, compresi gli sfollati interni. Gli insediamenti che ospitano gli sfollati interni a Sake e Goma sono stati bombardati nel febbraio 2024 e il 3 maggio 2024 almeno 18 civili – la maggior parte dei quali donne e bambini – sono morti, mentre 32 sono stati feriti in attacchi contro siti di sfollati interni vicino a Goma. Il 30 giugno, due operatori umanitari sono stati uccisi e diversi feriti in un attacco a un convoglio di aiuti vicino a Butembo.
Altre violazioni, come arresti e detenzioni arbitrarie, esecuzioni extragiudiziali, reclutamento forzato, rapimenti e violenze sessuali, vengono commesse impunemente. Solo nell’aprile 2024, sono stati denunciati più di 1.700 nuovi casi di violenza sessuale negli insediamenti che accolgono gli sfollati interni.
Il conflitto in corso vede un ulteriore elemento di complessità nel coinvolgimento dei Paesi vicini. Il gruppo armato M23, infatti, è largamente sostenuto dal Ruanda, mentre l’esercito congolese, è appoggiato da ausiliari informali e da alleati della Comunità di sviluppo dell’Africa australe. Se non contenuto, dunque, il conflitto in corso in Nord Kivu potrebbe sfociare in un’escalation regionale.
L’allargamento del conflitto e l’escalation della violenza a Est hanno innescato, oltre agli sfollamenti di massa, una gravissima crisi di protezione: le parti in conflitto utilizzano regolarmente l’artiglieria pesante e prendono deliberatamente di mira i civili, compresi gli sfollati interni.
I bisogni crescono ma l’accesso umanitario è sempre più ostacolato
25,4 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria in Repubblica Democratica del Congo e la maggior parte dei bisogni è concentrata nell’Est del Paese. Mancano gli alloggi, i beni di prima necessità, l’acqua e servizi igienici e sanitari adeguati. Ci sono poi enormi bisogni legati alla violenza di genere, all’assistenza sanitaria e alla sicurezza alimentare.
Lo sfollamento acuisce inoltre la crisi umanitaria, poiché la popolazione sfollata e quella ospitante competono per le poche risorse disponibili, creando tensioni che possono sfociare in conflitti tra le comunità.
Nonostante i bisogni umanitari e di protezione siano in aumento, fare in modo che gli aiuti raggiungano le popolazioni colpite è sempre più complesso. Secondo alcune testimonianze affidabili, le parti in conflitto avrebbero militarizzato e stabilito una presenza all’interno di insediamenti di sfollati interni, collocando al loro interno le proprie postazioni di artiglieria e mettendo in grave pericolo sia la popolazione sfollata che il personale umanitario. L’accesso umanitario è inoltre limitato da impedimenti burocratici, da blocchi stradali e dal mancato rispetto del diritto internazionale umanitario. Il blocco delle due strade principali che conducono a Goma, ad esempio, sta compromettendo la consegna di beni di prima necessità, come cibo e medicinali, ai due milioni di abitanti della città.
“La situazione è sempre più complessa ed è necessaria un’azione urgente per rispondere alle crescenti esigenze di protezione e umanitarie delle popolazioni colpite dal conflitto, sia nei campi che nelle aree rurali. A tal fine, è necessario compiere tutti gli sforzi possibili per ridurre l’escalation del conflitto e garantire la protezione dei civili e l’accesso sicuro e senza ostacoli agli operatori umanitari impegnati in prima linea nella fornitura di assistenza umanitaria salvavita.’’
Cosa fa INTERSOS
INTERSOS è presente nella RDC dal 2009, con progetti di protezione e accesso alla salute.
In risposta alla crisi causata dal conflitto tra l’M23 e l’esercito congolese il nostro team in Nord Kivu porta avanti attività di protezione in particolare volte a sostenere le persone sopravvissute a violenza di genere.
Inoltre, una problematica molto grave in quest’area è la carenza di acqua. Per questo effettuiamo interventi volti a migliorare l’accesso all’acqua e a servizi sanitari adeguati, interventi che stiamo cercando di espandere per far fronte ai bisogni sempre più pressanti della popolazione sfollata e di quella locale.
Foto © René Van Beek per INTERSOS