L’acqua è un diritto umano fondamentale, ma per milioni di persone colpite da conflitti, disastri naturali e crisi prolungate, l’accesso a fonti sicure rimane una sfida quotidiana. In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, Fabrizio Cavalazzi, Vice Direttore Regionale per le Emergenze di INTERSOS, ci racconta in che modo l’accesso all’acqua, nelle crisi umanitarie, sia prioritario nel nostro lavoro sul campo.

 

Perché l’accesso all’acqua è così cruciale nelle crisi umanitarie?

L’acqua non è solo un bene essenziale per la sopravvivenza, ma è anche un pilastro della salute pubblica, ed è difficile rendersene conto fino a quando non viene a mancare. Non si tratta solo di avere abbastanza acqua per bere o cucinare, ma anche di prevenire malattie gravissime come il colera o il tifo, che si diffondono rapidamente quando l’acqua è contaminata. Questo è un aspetto che vediamo ogni giorno nei nostri interventi in paesi come Nigeria, Ciad, Burkina Faso, Libano, Yemen e altri contesti di crisi. Se non c’è acqua sicura, la malnutrizione peggiora, le condizioni igieniche si deteriorano e la vulnerabilità delle persone aumenta esponenzialmente. Garantire acqua pulita significa permettere alle persone di vivere con dignità e di proteggere la propria salute.

 

Quali sono le principali sfide nel garantire acqua e servizi igienico-sanitari in contesti di crisi?

La sfida principale è raggiungere chi ha più bisogno, perché spesso le comunità colpite si trovano in aree remote o difficili da raggiungere. In molte situazioni, le fonti d’acqua sono lontane, insufficienti o contaminate, e questo obbliga le persone a percorrere chilometri ogni giorno per rifornirsi. Poi c’è il problema delle epidemie: senza un sistema adeguato di fornitura d’acqua e servizi igienici, il rischio di diffusione di malattie è altissimo, soprattutto nei campi per sfollati o rifugiati, dove le condizioni igieniche precarie amplificano ogni rischio. INTERSOS lavora per affrontare queste criticità in modo pratico e concreto, integrando le attività WASH (Water, Sanitation and Hygiene) nei nostri programmi di salute e protezione, perché senza acqua pulita e igiene adeguata, qualsiasi intervento medico perde di efficacia.

 

Qual è il ruolo di INTERSOS nel migliorare l’accesso ai servizi WASH?

Il nostro lavoro si basa su un approccio integrato. Non ci limitiamo a distribuire acqua, ma lavoriamo per migliorare l’accesso ai servizi igienico-sanitari e promuovere pratiche igieniche fondamentali, perché l’acqua sicura da sola non basta. Nei centri di salute primaria in cui operiamo, interveniamo riabilitando le infrastrutture idriche, installando punti d’acqua, costruendo latrine e garantendo la corretta gestione dei rifiuti biomedici. Ma un aspetto cruciale è anche la formazione: insegniamo al personale sanitario le pratiche migliori per la gestione dell’acqua, la disinfezione e l’igiene degli ambienti ospedalieri, perché un centro di salute che non rispetta questi standard rischia di diventare un luogo di diffusione di infezioni. Durante le epidemie, attiviamo centri specializzati per il trattamento delle malattie trasmesse dall’acqua e distribuiamo kit per l’igiene personale, garantendo che le persone più vulnerabili, come donne e bambini, possano mantenere condizioni di vita dignitose anche in situazioni di crisi.

 

Come il cambiamento climatico sta aggravando la crisi idrica?

Il cambiamento climatico sta complicando tutto. Lavoriamo in regioni dove l’acqua è già scarsa e ora lo sta diventando ancora di più, come nel caso del Ciad. Qui ci sono intere comunità che vivono nei pressi del lago– un bacino d’acqua che dagli anni Sessanta ad oggi ha perso il 90% della sua superficie– e che lottano ogni giorno per avere accesso a fonti idriche pulite per il bestiame, l’agricoltura e per i bisogni basilari come cucinare, bere e lavarsi. La siccità sta prosciugando pozzi e fiumi, mentre le alluvioni sempre più frequenti contaminano le fonti d’acqua, causando epidemie. Vediamo con i nostri occhi come questi fenomeni impattano direttamente sulla vita delle persone: comunità che prima riuscivano a gestire le proprie risorse idriche, ora si trovano senza acqua potabile e dipendono completamente dall’aiuto umanitario. Questo significa che dobbiamo adattare continuamente il nostro approccio, integrando le attività WASH nei progetti di salute e protezione in modo ancora più strutturato e prevedendo risposte rapide alle crisi legate ai cambiamenti climatici. È una sfida enorme, perché la necessità di risorse e di interventi aumenta costantemente.

 

Qual è l’impatto concreto degli interventi WASH sulle comunità?

L’impatto è visibile e immediato. Quando riusciamo a garantire acqua pulita e servizi igienici adeguati, la salute delle persone migliora subito. Nei centri di salute che supportiamo, il rischio di infezioni si riduce drasticamente e il personale medico può lavorare in sicurezza. Ma il vero cambiamento avviene nella vita quotidiana delle persone: una famiglia che ha accesso a una fonte d’acqua sicura non deve più temere che i propri figli si ammalino solo bevendo o lavandosi. Le campagne di sensibilizzazione sull’igiene aiutano a creare abitudini più sicure, che restano nel tempo e proteggono le comunità anche dopo la fine dell’emergenza. L’accesso all’acqua non è solo una questione tecnica, ma un diritto umano essenziale per costruire un futuro più sicuro per tutti.