di
Elena Rozzi
Cesare Fermi
Valentina Murino
Konstantinos Moschochoritis
INTERSOS*

Tra il 2017 e il 2018 due fattori, di segno opposto, hanno avuto un significativo impatto sulla situazione dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) in Italia. Da una parte, è stata approvata la legge n. 47/17, prima legge specificatamente dedicata alla tutela e protezione dei MSNA. Ad un anno dall’entrata in vigore della legge Zampa, sono stati effettuati alcuni importanti passi avanti nella sua implementazione: ad esempio, è stato avviato il sistema dei tutori volontari, con la realizzazione di corsi di formazione e l’istituzione degli elenchi di tutori volontari presso i Tribunali per i minorenni . In molti casi, tuttavia, la nuova legge resta ancora inapplicata: ad esempio, in diverse realtà l’accertamento dell’età viene effettuato solo con la radiografia del polso e senza indicazione del margine di errore, in violazione delle norme previste dalla legge 47, con la conseguenza che molti minori vengono erroneamente identificati come adulti .
Dall’altra parte, la specifica situazione dei MSNA si inserisce nel contesto di politiche sempre più restrittive finalizzate al controllo dei flussi migratori, con riferimento sia al contrasto dei movimenti secondari tra Stati dell’Unione Europea, sia alle politiche di esternalizzazione.
Tra giugno e luglio 2018, la politica di “chiusura dei porti” adottata dal Governo Conte ha colpito centinaia di MSNA, costretti a restare per giorni e giorni sulle navi che li avevano soccorsi, in condizioni di sovraffollamento e promiscuità, in attesa dell’autorizzazione allo sbarco.
Soprattutto, la riduzione degli interventi di soccorso effettuati nell’ambito di operazioni europee e gli ostacoli posti alle navi delle ONG impegnate nei salvataggi hanno determinato un aumento del numero di persone morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo (più di 1.500 nei primi sette mesi del 2018, secondo le stime di UNHCR ) oppure ricondotte in Libia dalla Guardia Costiera libica. Come attestato dalle Nazioni Unite e da numerose altre organizzazioni internazionali, nonché dalla stessa magistratura italiana, i migranti ricondotti in Libia, inclusi i MSNA, sono oggetto di detenzione arbitraria nelle carceri, in condizioni disumane (sovraffollamento, mancanza di cibo, acqua, cure mediche ecc.) e sottoposti a torture, stupri e violenze sistematiche.
Le politiche repressive adottate dalle autorità italiane, dagli altri Stati europei e dall’Unione europea, hanno comportato gravissime violazioni delle norme in materia di diritti umani, tra cui la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la Convenzione di Ginevra, oltre che del diritto internazionale del mare .
La quasi chiusura della rotta del Mediterraneo centrale ha determinato una drastica riduzione del numero di MSNA giunti in Italia a seguito di soccorso in mare: a fronte di 25.846 MSNA sbarcati nel 2016, nell’anno successivo tale numero si è ridotto a 15.779, e nei primi sette mesi del 2018 solo 2.896 MSNA sono riusciti ad arrivare sulle coste italiane .
In conseguenza del calo negli sbarchi, anche il numero di MSNA accolti si è significativamente ridotto: al 30 giugno 2018, risultavano presenti in Italia 13.151 minori stranieri non accompagnati, il 26% in meno rispetto allo stesso periodo di rilevazione dell’anno precedente . Si tratta per la maggior parte di ragazzi maschi (93%), tra i 16 e i 17 anni (84%). Le nazionalità maggiormente rappresentate sono Albania, Gambia, Egitto, Guinea, Costa d’Avorio ed Eritrea. Tra le ragazzine, soprattutto nigeriane, molte sono vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale.
Alla stessa data, 4.677 minori non accompagnati, per la maggior parte eritrei, somali e afgani, risultavano invece irreperibili, ovvero si erano allontanati dalle strutture di accoglienza dove erano stati collocati.

I minori “in transito” verso altri Stati europei

Una parte significativa dei minori che si allontanano dai centri di accoglienza desiderano raggiungere la Germania, l’Inghilterra, la Svezia o altri Stati europei, dove hanno parenti o dove sperano di trovare migliori prospettive di inserimento. Questi ragazzi e ragazze tentano di attraversare le frontiere con la Francia, la Svizzera o l’Austria, da soli o affidandosi a trafficanti, a volte rischiando la loro stessa vita: alcuni minori sono rimasti uccisi, schiacciati da un tir o da un treno, mentre altri sono stati trovati semi-assiderati.
La maggior parte dei minori “in transito” verso altri Stati non accettano l’inserimento nel sistema di accoglienza istituzionale, per timore di essere identificati e, una volta raggiunto il Paese verso cui sono diretti, di essere rinviati in Italia. Nelle città di frontiera come Ventimiglia o nelle grandi città di transito come Roma o Milano, molti di questi minori – ragazzi e ragazze, a volte con bambini piccoli nati in seguito a stupri subiti in Libia – si trovano così a vivere in sistemazioni di fortuna, senza accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici, in condizioni di estremo degrado ed esposti a gravi rischi di tratta, abuso e sfruttamento .
Nel “centro di transito” Intersos24, nato a Roma proprio per offrire a questi minori assistenza umanitaria, informazioni e orientamento, tra il 2017 e il primo semestre del 2018 sono stati accolti circa 450 MSNA e ragazze con bambini piccoli, in genere provenienti dalla Sicilia o da altre regioni del Sud Italia e diretti verso Nord.
Negli ultimi anni, tuttavia, l’attraversamento irregolare delle frontiere interne all’Unione Europea è diventato sempre più difficile. Tra gennaio e agosto 2017, 10.462 minori stranieri non accompagnati sono stati fermati alla frontiera di Ventimiglia e illegittimamente respinti verso l’Italia e numerosi respingimenti di MSNA sono stati monitorati anche alle frontiere di Bardonecchia, Chiasso e del Brennero. Una parte delle persone fermate a Ventimiglia, tra cui anche minori non accompagnati, sono state trasferite nell’hotspot di Taranto o a Crotone, da dove sono nuovamente partite per ritentare l’attraversamento delle frontiere settentrionali.
Va sottolineato come una parte significativa dei MSNA che tentano di attraversare irregolarmente le frontiere interne avrebbe diritto di essere ricongiunta ai parenti (genitori, fratelli, zii o nonni) residenti in altri Stati membri, ai sensi del Regolamento Dublino III. Molti di questi minori, tuttavia, non ricevono adeguate informazioni sulle procedure di ricongiungimento familiare, anche perché gli operatori delle strutture di accoglienza, dei servizi sociali e delle questure spesso non hanno le necessarie competenze.
Ma anche quando vengono informati, i ragazzi e le ragazze in genere scelgono comunque di partire autonomamente. La ragione principale di questa scelta risiede nel fatto che i tempi per la procedura di ricongiungimento sono estremamente lunghi. In primo luogo, infatti, il minore deve presentare la domanda di protezione internazionale in Italia chiedendo il ricongiungimento al parente, procedura che presso alcune questure richiede diversi mesi. Quindi l’Unità Dublino, ufficio del Ministero dell’Interno che gestisce le procedure previste dal Regolamento Dublino, deve contattare le autorità dello Stato di residenza del parente per verificare che siano soddisfatte tutte le condizioni (accertamento del legame familiare, verifica della regolarità del soggiorno del parente ecc.). Ove tali verifiche diano esito positivo, le autorità italiane hanno a disposizione sei mesi per organizzare il trasferimento. Di fronte alla prospettiva che la procedura possa durare più di un anno , la maggior parte dei minori decidono di raggiungere i parenti con i propri mezzi.
Va tuttavia sottolineato come il numero di minori che seguono la procedura regolare di ricongiungimento, ancorché estremamente basso, sia aumentato significativamente negli ultimi anni: mentre tra il 2014 e il 2016 il numero di richieste di ricongiungimento familiare di MSNA dall’Italia verso altri Stati ai sensi del Regolamento Dublino è stato pari a 2 unità , tra il 2017 e il primo semestre del 2018, 103 MSNA sono stati trasferiti per ricongiungimento Dublino, 221 risultano ancora in attesa della definizione della procedura, mentre 107 si sono allontanati durante la procedura .

L’accoglienza e l’inclusione dei MSNA in Italia

Mentre alcuni minori tentano di raggiungere altri Stati europei, la maggior parte dei MSNA resta in Italia. In base alla normativa vigente, il sistema di accoglienza per i minori non accompagnati (richiedenti e non richiedenti asilo) è strutturato in due fasi. Nella prima fase, i MSNA dovrebbero essere accolti presso centri governativi di prima accoglienza per minori, istituiti e gestiti dal Ministero dell’Interno, per un periodo non superiore a 30 giorni, ai fini dell’identificazione, dell’eventuale accertamento dell’età e dell’informazione sui diritti loro riconosciuti.
Successivamente, i MSNA dovrebbero essere trasferiti in strutture di seconda accoglienza per minori, predisposte dai comuni nell’ambito dello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnati), la cui capienza dovrebbe essere per legge commisurata al numero di MSNA presenti.
Nel caso di indisponibilità di posti nelle strutture di prima accoglienza e nello SPRAR, l’accoglienza deve essere assicurata dal comune in cui il MSNA si trova, che può ricevere dalla Prefettura un rimborso pari a 45 euro al giorno.
Ove l’accoglienza non possa essere assicurata neanche dal comune, il minore può essere accolto in strutture ricettive temporanee (c.d. “CAS minori”) attivate dalla prefettura, per il tempo necessario al trasferimento nelle strutture di cui sopra. Tali strutture possono avere una capienza massima di 50 posti, in netto contrasto con la normativa sulle strutture di accoglienza per minori, che prevede comunità di dimensioni ridotte (8-10 posti).
In teoria, dunque, i minori dovrebbero restare per un tempo brevissimo nei centri governativi di prima accoglienza, per essere quindi trasferiti nello SPRAR. Inoltre, le strutture di prima o seconda accoglienza gestite da parte dei comuni e delle prefetture dovrebbero essere una soluzione residuale e temporanea.
La realtà, tuttavia, è molto diversa. La capienza dello SPRAR, infatti, ancorché significativamente aumentata negli ultimi anni, risulta ancora gravemente insufficiente: al 30 giugno 2018, risultavano attivi 3.488 posti SPRAR dedicati ai minori non accompagnati , a fronte di più di 13.000 MSNA presenti.
Di conseguenza, in mancanza di posti disponibili nello SPRAR, molti minori restano nelle strutture di prima accoglienza per lunghi periodi, molti mesi o addirittura anni. Al 30 giugno 2018, ben il 34% dei MSNA presenti sul territorio italiano si trovavano in strutture di prima accoglienza (centri governativi, CAS minori, centri di prima accoglienza accreditati/autorizzati dai Comuni o dalle Regioni ecc.) .
Proprio perché pensate come accoglienza temporanea, alle strutture di prima accoglienza non è richiesto di garantire i servizi volti all’inclusione sociale e all’autonomia dei minori, quali l’iscrizione a scuola e nei corsi di formazione professionale, l’avviamento al lavoro, ecc. Gli operatori, inoltre, spesso non sono adeguatamente formati, in molte città i pagamenti delle strutture avvengono con forti ritardi, e il rispetto degli standard previsti non è sufficientemente monitorato dalle istituzioni competenti.
Molti MSNA, dunque, si trovano accolti per lunghi periodi in strutture di accoglienza dove nessuno si occupa del loro percorso di inclusione né del rilascio dei documenti, e dove talvolta non sono adeguatamente soddisfatti neanche i bisogni primari. Una parte dei quasi 4.700 minori che, come abbiamo visto sopra, risultavano irreperibili a fine giugno 2018, sono ragazzi e ragazze che si sono trovati in questa situazione e che hanno deciso di allontanarsi dalle strutture in cui erano stati collocati, per cercare altrove migliori opportunità.
In secondo luogo, l’insufficiente capienza dello SPRAR, unita all’assenza di un sistema di distribuzione tra regioni dei MSNA accolti al di fuori di tale sistema nazionale, fa sì che la responsabilità dell’accoglienza di questi minori continui a ricadere in modo assolutamente sproporzionato sulle regioni di sbarco, a differenza di quanto avviene per gli adulti . Al 30 giugno 2018, il 43,3% dei MSNA segnalati alla DG Immigrazione e presenti in Italia si trovavano in Sicilia, mentre regioni popolose e relativamente ricche come il Piemonte e il Veneto ne accoglievano insieme circa il 5% . I comuni e le prefetture interessati dagli sbarchi si trovano dunque a dover gestire l’accoglienza di un numero elevatissimo di minori non accompagnati.
In terzo luogo, molti minori non accompagnati vengono trattenuti negli hotspot per periodi prolungati, anche di mesi. In questi centri i minori, alcuni dei quali giovanissimi, vivono in promiscuità con gli adulti, in condizioni di grave sovraffollamento, in molti casi costretti a dormire per terra e ad utilizzare gli stessi bagni degli adulti, con evidenti rischi di subire abusi sessuali .
Inoltre, è frequente che i minori vengano trasferiti dalle zone di sbarco, nell’ambito di trasferimenti di richiedenti asilo adulti, verso centri di prima accoglienza per adulti nelle regioni del Centro-Nord, dove restano per lunghi periodi e a volte fino alla maggiore età. Tali prassi, rilevate anche dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema d’accoglienza , si pongono in palese contrasto con la normativa vigente, che vieta espressamente il collocamento dei MSNA in centri di accoglienza per adulti e il loro trattenimento .
Nel 2017, queste gravi violazioni dei diritti dei minori sono state portate all’attenzione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha adottato diverse misure provvisorie a protezione di alcuni minori non accompagnati collocati dalle autorità italiane in centri di accoglienza per adulti .
Nei casi in cui la legge non sia rispettata – ad esempio, se il minore si trova in un centro per adulti o se non è stato iscritto a scuola – il tutore volontario può svolgere un ruolo fondamentale affinché i diritti del tutelato siano garantiti, intervenendo presso le istituzioni competenti da una posizione terza e imparziale che il tutore pubblico non può avere. In tali casi, diventa ancora più fondamentale che vengano superati i gravi ritardi nella nomina del tutore che ancora si registrano presso diversi Tribunali per i minorenni.
Al compimento dei 18 anni o poco dopo, per la maggior parte dei minori non accompagnati viene meno ogni misura di accoglienza e di supporto. I MSNA non richiedenti asilo o che abbiano già concluso la procedura per il riconoscimento della protezione internazionale in genere devono lasciare la struttura quando compiono la maggiore età, se sono accolti in strutture non afferenti allo SPRAR, mentre all’interno dello SPRAR possono restare fino a sei mesi dopo il compimento dei 18 anni. Questi ragazzi appena maggiorenni in genere devono ancora completare il percorso scolastico e formativo e non hanno quasi mai un contratto di lavoro, quindi non possono essere autonomi dal punto di vista abitativo. La brusca interruzione di ogni misura di accoglienza e supporto in molti casi vanifica tutto il percorso di inclusione avviato ed espone i ragazzi a gravi rischi di marginalizzazione, sfruttamento e coinvolgimento in attività illegali. Tale problematica è particolarmente rilevante in Sicilia, dove come abbiamo visto sono concentrati più del 43% dei MSNA presenti a livello nazionale.
Una norma molto importante introdotta dalla legge 47 prevede che, quando un MSNA, al compimento della maggiore età, pur avendo intrapreso un percorso di inserimento sociale, necessita di un supporto prolungato volto al buon esito di tale percorso finalizzato all’autonomia, il Tribunale per i minorenni può disporre l’affidamento ai servizi sociali al massimo fino ai 21 anni . Tale istituto è ad oggi poco applicato, soprattutto perché i servizi sociali non hanno le risorse necessarie per assicurare l’accoglienza e il supporto ai neomaggiorenni in “prosieguo amministrativo”.
Va sottolineato come, a fronte di gravi carenze, vi siano però in Italia anche tante esperienze di accoglienza estremamente positive, in cui i minori sono ben seguiti dal punto di vista educativo ed inseriti in percorsi di inclusione scolastica, formativa e lavorativa, grazie al costante impegno degli operatori e dei responsabili dei centri di accoglienza, dei servizi sociali, dei tutori e degli altri soggetti coinvolti.
Un altro elemento fondamentale per consentire l’inserimento dei MSNA accolti in Italia è rappresentato dall’ottenimento di un permesso di soggiorno. Due sono i principali percorsi possibili: la domanda di protezione internazionale e il percorso come MSNA non richiedente asilo.
Il MSNA che non presenti domanda d’asilo è comunque non espellibile e ha diritto, in quanto tale, di ottenere un permesso di soggiorno per minore età . Alcune questure, tuttavia, non rilasciano il permesso per minore età ove il minore sia sprovvisto di passaporto, in contrasto con le indicazioni dello stesso Ministero dell’Interno. Al compimento dei 18 anni, il neomaggiorenne può poi convertire il permesso per minore età in un permesso per studio, lavoro o attesa occupazione, se soddisfa alcuni requisiti tra cui possedere il passaporto e l’aver ottenuto un parere positivo dalla Direzione Generale Immigrazione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali . Spesso però si registrano problemi al momento della conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età. Molti ragazzi, infatti, sono sprovvisti di passaporto. Inoltre, alcune questure non applicano il principio del silenzio assenso previsto dalla legge 47 con riferimento al parere della DG Immigrazione e talvolta tale parere non viene neanche richiesto dall’ente locale competente.
Il secondo possibile percorso è rappresentato dalla domanda d’asilo. Tra il 2017 e il primo semestre del 2018, sono state presentate 12.639 domande di protezione internazionale relative a MSNA. Con riferimento alle decisioni adottate nel corso dei primi sei mesi del 2018, risulta che nel 74% dei casi è stata riconosciuta al MSNA la protezione umanitaria, mentre nel 16% dei casi la domanda è stata rigettata .
Se le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale si adegueranno alle recenti indicazioni del Ministro dell’Interno in merito all’esigenza di limitare il riconoscimento della protezione umanitaria, ciò comporterà probabilmente un aumento del numero di ragazzi e ragazze che si troveranno privi di permesso di soggiorno e dunque emarginati e nell’impossibilità di compiere un positivo percorso di inclusione sociale in Italia: ulteriore esempio del profondo impatto che politiche migratorie sempre più restrittive hanno sulla situazione dei MSNA in Italia, benché la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza imponga all’Italia di fondare ogni decisione riguardante i minori, a prescindere dalla loro nazionalità, sul superiore interesse del minore e la legge Zampa stabilisca, con specifico riferimento ai MSNA, che questi sono titolari degli stessi diritti dei minori italiani.

*Il presente articolo è tratto da IDOS (Il Dossier Statistico Immigrazione) è il primo annuario socio-statistico realizzato in Italia per la raccolta di dati sul tema dell’immigrazione, curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico, con la collaborazione di strutture pubbliche e del mondo sociale. Per una versione integrale completa di riferimenti bibliografici rivolgersi a comunicazione@intersos.org.