Sahar ha appena compiuto 16 anni e da due si trova in Giordania con la sua famiglia, dove è arrivata da Dara’a, in Siria.
“Sono contenta di frequentare nuovamente la scuola. L’ultimo anno che ho passato nel mio paese non mi è stato possibile studiare perché non c’erano più lezioni regolari e perché i miei genitori non si sentivano tranquilli quando uscivo di casa.”
La famiglia di Sahar è arrivata ad Irbid da Dar’a insieme a molti altri abitanti della stessa comunità. Sono solo 29 i km di distanza tra le due città ma la linea di demarcazione è netta: qui la pace e lì ancora disordini e scontri. E l’impossibilità di vivere una vita normale.
Purtroppo in Giordania tutta la loro piccola comunità ha scarso accesso al lavoro, la maggior parte delle famiglie sopravvive solo grazie agli aiuti umanitari.
Ed è così che alla fine, qualsiasi introito ulteriore che possa arrivare è il benvenuto; anche se comporta che i minori debbano lavorare oppure dare in sposa la propria figlia prima della maggiore età, così da ricevere una dote e avere una persona in meno che pesa sul bilancio familiare.
Secondo dati Unicef, oltre il 40% dei minori siriani in Giordania non frequenta la scuola. I maschi in maggioranza finiscono nella rete del lavoro nero mentre, nonostante il matrimonio nel paese sia consentito solo a partire dai 18 anni, circa il 36% delle donne siriane si sposa prima della maggiore età.
“Lo scorso anno eravamo 13 ragazze nella mia classe, quest’anno siamo 8” racconta Sahar. “Alcune mie amiche dicono che i genitori stanno cercando loro un marito e che quindi non ha senso continuare a studiare, altre avrebbero voluto studiare ancora ma i genitori non lo hanno permesso. A volte, quelle che abitano lontano da scuola e devono fare un lungo tragitto per frequentare le lezioni, vengono molestate dai ragazzi o da uomini adulti che credono che una rifugiata sia più disponibile o meriti minore rispetto di una ragazza giordana”.
Tra le attività di INTERSOS con le comunità dei rifugiati siriani in Giordania c’è un progetto specifico che si occupa di aiutare i ragazzi in età scolare a integrarsi nelle scuole. Con tale progetto vengono in primis identificate le barriere all’istruzione e nel caso ci siano degli impedimenti economici, viene fornita assistenza finanziaria alle famiglie cosi che possano sbrigare le pratiche amministrative necessarie per l’iscrizione agli studi. Tale supporto è condizionato dalla presenza a scuola dei ragazzi che devono presenziare assiduamente alle lezioni.
“Il nostro lavoro è quasi un “porta a porta”. Visitiamo ogni singola famiglia e verifichiamo quali ragazzi dovrebbero essere a scuola. Cerchiamo di far capire ai ragazzi l’importanza di proseguire gli studi e aiutiamo le famiglie ad accedere ad alcuni contributi che sono previsti come incentivo all’istruzione” sostiene Sara Kolak, Education officer di INTERSOS.
Sahar ci racconta che la sua migliore amica, Nadia, a 15 anni è stata data in matrimonio ad un conoscente della famiglia, un siriano di 38 anni che è immigrato in Giordania da tempo e che quindi aveva già i documenti in regola per vivere e lavorare nel paese.
“Nadia non voleva sposarsi ma quell’uomo ha pagato alla famiglia una dote importante e lei si è sacrificata per i suoi fratellini più piccoli. Solo che poi il marito non era contento di lei e dopo qualche mese l’ha rimandata dai suoi e ha preteso di avere indietro i soldi e i regali che aveva dato. Adesso Nadia sta sempre in casa e non ha ripreso neanche la scuola”.
Negli ultimi 18 mesi INTERSOS ha coinvolto circa 7000 minori cosiddetti “vulnerabili” nei governatorati di Amman, Madaba, Karak, Tafileh, Irbid, Ajloun, e Ma’an, per proteggerli dalla violenza e dallo sfruttamento e assicurare uguale accesso all’educazione a tutti i bambini che si trovano in Giordania