Il 59,4% delle persone migranti assistite accede al cibo solo da 1 a 3 volte a settimana, un terzo sono bambini
La fame dei migranti. Di quelli che sono già riusciti ad arrivare in Europa. Di più: la fame dei bambini. Nelle famiglie dei rifugiati, dei richiedenti asilo. Dei senza documenti. La fame delle ragazze migranti. Sono dati inaccettabili quelli che emergono da Being Hungry in Europe, un’indagine appena pubblicata a cura di INTERSOS HELLAS e con il contributo di Forum Greco dei Migranti, GFM (portato a termine col contributo dalla fondazione olandese, Stichting Vluchteling e dal Consiglio greco per i rifugiati, GCR).
I numeri raccontano di come la situazione – già difficilissima – si sia aggravata, e tanto, dopo che le autorità greche hanno deciso la chiusura, alla fine dell’anno scorso, del programma Estia, il progetto europeo per l’individuazione di alloggi destinati ai migranti (programma finanziato dall’Europa e realizzato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati in collaborazione con le ong). Da allora, si sono semplicemente quadruplicate le richieste di sostegno, di assistenza, di aiuto economico da parte delle famiglie di migranti. E oggi sono 2300 quelle che ancora aspettano una risposta. Sono parcheggiate in una “lista di attesa”.
In un quadro, però, che non consente “attese”, che non consente “altro tempo”. Perché il report rivela drammaticamente che più della metà delle persone coinvolte nell’inchiesta (esattamente il 59,4%) riesce a mangiare da una a tre volte alla settimana. Più della metà si nutre al massimo tre volte ogni sette giorni. Per farla breve: sarebbero classificati nella categoria di coloro che vivono “una grave insicurezza alimentare”, secondo i parametri della Fao.
Le attività di Food For All:
Uomini, donne e – lo si diceva all’inizio– bambini. Come hanno raccontato nelle risposte, molti di quei migranti in ogni caso sono costretti ad alimentarsi con cibo di scarsa qualità. Ancora di più in questi ultimi mesi, perché, a causa della crescita dell’inflazione, tutto costa di più. E va ricordato che le 2000 famiglie sostenute dal progetto “Food for All” – quelle appunto che sono state l’oggetto dell’indagine e che si è concluso nel febbraio di quest’anno – sono composte soprattutto da minorenni. Più nel dettaglio: fra di loro ci sono 970 piccoli sotto i quattro anni. E qualsiasi studio scientifico spiega che a quell’età una non corretta alimentazione può comportare “conseguenze a lungo termine”.
Non è finita. Perché il report rivela un’altra drammatica situazione: quella delle donne, delle ragazze. Tante raccontano che senza sostegni, senza più reti di sostentamento non sanno più come arrangiarsi. E sono costrette a “vendersi”. Sono costrette alla prostituzione.
Dunque, non si può restare fermi. E del resto non è restata ferma neanche l’Europa che ha avviato una procedura di infrazione contro la Grecia per mancato rispetto dei suoi obblighi di protezione. Non si può restare a guardare. Ecco perché INTERSOS e le altre organizzazioni suggeriscono poche ma precise cose da fare. Subito. Sia chiaro, ci tengono a precisarlo: “Senza alcun intento politico, lontano dalle strumentalizzazioni”. Ma basterebbe poco: togliere, cancellare gli enormi ostacoli amministrativi, burocratici, linguistici che impediscono l’accesso al welfare da parte dei migranti. A cominciare dalla proroga della scadenza del sistema di accoglienza per i richiedenti asilo. Adeguare le misure di sostegno a quelle famiglie. Dare voce ai migranti e a chi nella società civile se ne prende cura. Insomma, dare vita a piani che leghino la lotta all’insicurezza alimentare, alla povertà, all’emarginazione sociale a politiche per l’integrazione.