Di fronte alle conseguenze di cinque anni di guerra e ai combattimenti ancora in corso, con incessanti raid aerei che continuano a minacciare la vita dei civili, le parole che riceviamo delle squadre mediche e di protezione di INTERSOS, attive ogni giorno sul campo, confermano che quella che è considerata la “peggiore crisi umanitaria al mondo” sta affrontando una nuova emergenza. Una crisi senza precedenti.

 

 

Cresce il numero di decessi

“Manca la capacità di effettuare i test e non disponiamo di statistiche affidabili, ma una cosa è certa: qui in Yemen la pandemia di COVID-19 è presente, si sta diffondendo e sta colpendo sempre più duramente”. Mentre i nuovi casi segnalati di coronavirus ammontano solo a 253, con un totale di 50 decessi confermati (quasi il 20% di tasso di mortalità), diffusi in 10 governatorati su 22, le informazioni raccolte dalle organizzazioni umanitarie presentano una situazione molto più problematica.

Nei Paesi in cui la capacità di effettuare test è limitata, accanto alle statistiche ufficiali si prendono in considerazione indicatori empirici, ma estremamente rilevanti, come l’aumento del numero di funerali. “E che questo stia avvenendo è evidente: lo vediamo da alcune immagini di droni e dalle informazioni che raccogliamo attraverso i nostri progetti e dal nostro stesso ambiente di lavoro, incluso il nostro staff”. A dircelo è Stella Pedrazzini, Programmes Coordinator di INTERSOS in Yemen, recentemente tornata in Italia per un breve periodo di riposo prima di ricongiungersi alla missione.

“Ciò a cui stiamo assistendo ora potrebbe essere solo la punta dell’iceberg – sottolinea – in un sistema sanitario devastato, con solo il 51% delle strutture funzionanti prima dell’avvento del COVID-19, dove spesso manca la capacità di fornire una diagnosi certa e dove mancano personale, strumenti e medicinali per assistere i pazienti. Da quando sono partita, purtroppo i messaggi che ricevo riguardano quasi esclusivamente l’espansione della pandemia e gli effetti delle altre patologie. Tra questi molti messaggi riguardanti la scomparsa di amici e parenti dei colleghi yemeniti del nostro staff”.

 

Alta diffusione di malattie infettive

Il numero di decessi sta aumentando non solo a causa di COVID-19, ma anche a causa della diffusione di altre malattie infettive, come infezioni del tratto respiratorio acuto, diarrea acuta, malaria e colera. I casi di dengue stanno raggiungendo un livello record, mentre nel sud si registrano molti casi di chikungunya (una malattia infettiva acuta trasmessa dalle zanzare tigre). Il numero crescente di casi di malaria, dengue e chikungunya è anche correlato alla quantità devastante di inondazioni che ha colpito il paese nel mese di Aprile 2020.

Inoltre, i dati dell’OMS rivelano un allarmante calo del numero di persone che frequentano le strutture sanitarie (-25% di consultazioni mediche, -51% di ammissioni, -19% di operazioni ad aprile rispetto allo stesso mese nel 2019). Ciò è dovuto a vari fattori: gli yemeniti sono molto riluttanti a visitare le strutture sanitarie a meno che non siano gravemente malati (come evidenziato dall’altissimo tasso di mortalità rispetto ai relativamente pochi casi confermati di nuovo coronavirus). Allo stesso tempo, diverse strutture sanitarie nei 10 governatorati colpiti (per lo più non supportate da attori umanitari) sono state chiuse dopo la segnalazione di casi di COVID-19, in quanto non erano dotate dei DPI (Dispositivi di protezione individuale) necessari o di protocolli di prevenzione e controllo delle infezioni, preferendo non esporre pazienti e personale al rischio di contrarre il virus.

 

Le attività WASH sono la prima risposta alla pandemia

Le attività cosiddette di WASH (Water Sanitation and Hygiene) sono cruciali nella prevenzione della pandemia di COVID-19, ma le cifre mostrano un alto rischio di diffusione di malattie legate all’accesso inadeguato all’acqua e alle forniture igieniche.

Solo il 40-45% degli sfollati interni ha accesso al sapone e ad acqua per il lavaggio delle mani (con i fondi dedicati all’assistenza WASH per gli sfollati, ridotti del 41%); solo il 45-50% degli yemeniti ha accesso a quantità d’acqua sufficienti; Il 60-65% degli yemeniti manca di adeguate forniture igieniche. Le persone che vivono vicino ai fronti, a Taiz, Hays, Abs e Hajjah sono particolarmente vulnerabili, impossibilitate ad accedere ai servizi e subiranno le conseguenze del taglio dei fondi. Nelle 15 principali città dello Yemen, 3,1 milioni di persone vivono in aree ad alto rischio di contagio per colera e COVID-19.

 

Le restrizioni della mobilità non possono essere rispettate

Le limitazioni imposte ai movimenti interni non possono essere rispettate dalla maggior parte della popolazione. I tentativi delle autorità di imporre il coprifuoco sono stati solo parzialmente efficaci, poiché la maggior parte delle persone deve sfidare le disposizioni in atto per accedere a una qualche fonte di reddito e sopravvivere. Si tratta di persone che non possono certo lavorare da casa, poiché i loro mezzi di sussistenza dipendono da mercati, strade o spazi pubblici. La maggior parte delle persone vulnerabili non dispone di beni primari, incluso il cibo, per più di un giorno (se pure ne hanno) e deve cercare quotidianamente ciò di cui ha bisogno per sopravvivere.

 

Preoccupazioni per la riduzione dei finanziamenti umanitari

Mentre i donatori si preparano per la High-Level Pledging Conference sullo Yemen in programma il 2 giugno, è più che mai vitale preservare l’impegno della comunità internazionale e dei donatori a mobilitare le risorse necessarie per rispondere al COVID-19, mantenere il flusso di aiuti salvavita per la popolazione vulnerabile dello Yemen, nonché intensificare gli sforzi per garantire il pieno accesso della popolazione agli aiuti umanitari.

“Le organizzazioni internazionali stanno assistendo a un calo significativo dei finanziamenti umanitari per lo Yemen” – sottolinea Alda Cappelletti, direttrice Programmi di INTERSOS – “Questo ha un impatto diretto sui programmi umanitari e sulla misura in cui gli attori umanitari sono in grado di fornire aiuti essenziali. I donatori devono continuare a essere solidali con lo Yemen. Non solo quegli attori direttamente coinvolti nel conflitto, come sta purtroppo diventando sempre più evidente, ma l’intera comunità internazionale deve intensificare i suoi sforzi”.

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