Il nostro intervento in risposta alla crisi regionale venezuelana. A parlarne è Francesca Matarazzi dell’Unità Emergenza di INTERSOS.

 

 

La crisi politica e socio-economica del Venezuela ha costretto, negli ultimi tre anni, circa 5 milioni di persone, il 5% della popolazione totale, a lasciare il proprio paese per cercare migliori opportunità di vita e lavorative nel resto dell’America Latina. Tra i venezuelani rimasti nel paese, ben 7 milioni vivono in stato di grave necessità, stando alle stime dell’OCHA (Agenzia della Nazioni Unite per gli Affari Umanitari) e la maggior parte di essi sono anziani e neonati. Il 60% di coloro che fuggono sono invece donne e bambini.

 

INTERSOS risponde a questa crisi intervenendo sia in Venezuela che in Colombia, in particolare nei territori di frontiera. “I numeri di questa crisi sono paragonabili a quelli della Siria”, ci dice Francesca Matarazzi, membro dell’Unità Emergenza di INTERSOS, appena tornata in Italia dalla Colombia. “Quello a cui si assiste al confine tra i due paesi, è un flusso di gente disperata che scappa dalla povertà del Venezuela ma che arrivata in Colombia o nel resto della regione, spesso senza documenti e tramite passaggi illegali controllati dai gruppi armati, si ritrova in una situazione di ulteriore vulnerabilità e senza diritto di accesso ai servizi essenziali di base”.

 

La maggior parte di loro si ritrova a vivere per strada e nei vari insediamenti informali senza accesso ai servizi sanitari fondamentali, garantiti solo a chi riesce a fare la richiesta formale di asilo. Si tratta purtroppo di pochi e limitati casi poiché la procedura burocratica, già molto complessa e lunga di per sé per i venezuelani, è stata resa ancora più complicata dall’emergenza COVID-19.  Tra queste persone – racconta Francesca – ci sono anche tanti colombiani che avevano cercato rifugio in Venezuela dalle violenze e dal conflitto e che ora vogliono ritornare nel loro paese dove però non hanno più nulla. Inoltre, alla frontiera si incontrano anche molti pendolari e venezuelani che vogliono tornare indietro, avendo perso le loro entrate economiche e lavoro informale come conseguenza del lockdown e delle misure contro il COVID-19″. In una situazione così complessa di emergenza sociale e sanitaria, INTERSOS ha attivato progetti a sostegno della popolazione in entrambi i paesi.

 

Gli interventi umanitari di INTERSOS in Venezuela

 

In Venezuela, negli stati di Tachira, Apure e Merida, un team di INTERSOS costituto da personale internazionale e operatori locali, si occupa in particolare di protezione dell’infanzia, di salute e accesso all’acqua e ai servizi igienici negli ambulatori sanitari pubblici. Inoltre, con il supporto di UNICEF sono stati attivati in alcuni ospedali dei sistemi di “defensoria hospitalaria per dare supporto psicologico e legale per i bambini senza documenti, per quelli vittime di abusi e per i minori non accompagnati per i quali si attivano sistemi per il ricongiungimento con le famiglie o per la collocazione in centri o famiglie adottive.

 

Per quanto riguarda nello specifico i progetti legati alla salute – spiega Francesca, che dall’inizio dell’intervento, nel 2019, ad oggi è stata varie volte in Venezuela per avviare e seguire la missione – le nostre attività consistono nella formazione del personale sanitario che lavora nei centri di salute statali e nel frattempo – aggiunge – stiamo negoziando una convenzione con le autorità venezuelane per fornire a nove ambulatori statali medicine, macchinari e materiale sanitario. Inoltre, si attiveranno servizi integrati di salute e protezione attraverso tre cliniche mobili con personale medico e psicologi”.

 

INTERSOS in Colombia

 

In Colombia il lavoro di INTERSOS è invece al momento più improntato sulla protezione dei migranti e rifugiati ma anche degli sfollati interni vittime del conflitto. “Facciamo supporto psicologico, gestiamo casi difficili, ci occupiamo di assistenza e supporto legale dei migranti e ai più bisognosi diamo anche voucher per affrontare spese mediche o per pagare l’affitto in caso di emergenza”, spiega Francesca. “A dicembre scorso – aggiunge – con la fondazione per i rifugiati Stichting Vluchteling (SV) è partito anche un nuovo progetto per la distribuzione di kit igienico-sanitari e voucher monetari perché – dice – se già prima le condizioni di vita erano drammatiche, adesso, con il COVID-19 sono molto peggiorate”.

 

Qual è l’importanza per INTERSOS di lavorare sia in Venezuela che in Colombia, in particolare vicino alle frontiere? “Siamo tra le poche organizzazioni internazionali che lo fanno – dice Francesca – operare alle frontiere è un valore aggiunto perché possiamo avere un impatto diverso e più ampio con i nostri progetti, possiamo dare un seguito alla nostra assistenza da entrambe le parti. I nostri team nazionali, venezuelano e colombiano, hanno la possibilità di attivarsi contemporaneamente per fornire assistenza a quelle persone o a intere famiglie che si spostano da un paese all’altro”.

 

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