Il servizio socio-sanitario di prossimità nei ghetti della provincia di Foggia, in risposta ai bisogni dei lavoratori agricoli in condizione di sfruttamento.
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Dall’inizio delle migrazioni verso l’Europa, l’area della Capitanata, in provincia di Foggia, è interessata da una forte presenza di lavoratori stagionali che si aggregano in assembramenti informali, occupando stabili abbandonati, in particolare masserie, e proteggendosi in insediamenti informali divenuti anche nel tempo stabili nel tempo.
Questa specifica area geografica impiega un così alto numero di persone perché qui viene prodotto il 30% del pomodoro industriale italiano.
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La raccolta del pomodoro segna il massimo numero di presenze da luglio a settembre; in questi mesi di raccolta intensiva almeno 6.000 persone cercano riparo nelle baraccopoli e nelle masserie abbandonate, in condizioni igienico-sanitarie estremamente precarie. Alcune persone, stimabili intorno alle 1.500 – 2.000, vivono in queste condizioni tutto l’anno.
I lavoratori agricoli, nella assoluta maggioranza migranti, subiscono una grave precarietà di status giuridico e abitativo. Manca la consapevolezza del diritto, ad esempio, di rispettare orari lavorativi sostenibili e definiti per legge, di ricevere vitto e alloggio secondo i regolari contratti agricoli, ma anche di poter avere agevole accesso al sistema sanitario nazionale, cui spesso i lavoratori avrebbero bisogno per le condizioni estreme di lavoro.
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Il progetto Capitanata di Intersos ha iniziato le sue attività nel 2018, perseguendo come scopo primario la tutela dell’individuo, spesso lavoratore stagionale migrante, che si trova, temporaneamente o definitivamente, al di fuori di sistemi di accoglienza e di meccanismi di tutela socio-sanitaria, e la promozione di cambiamenti inclusivi nel sistema di salute attraverso i seguenti tipi di intervento, quotidiani e continuativi durante l’anno:
• Aumentare la consapevolezza dell’importanza dell’auto-tutela e dei servizi socio sanitari (maggiore conoscenza della cura del sé e dei servizi, ed appropriatezza nel ricorrervi) attraverso l’assistenza medica primarie con due unità mobili, e un approccio di salute globale; visite mediche ed orientamento sanitario;
• Promozione delle attività in rete, con realizzazione di tavoli di coordinamento tecnici formali socio-sanitari, di regolari riunioni informali multidisciplinari fra attori operativi nelle diverse aree (attivi in particolare per La Pista di Borgo Mezzanone, Borgo Tre Titoli ed il Gran Ghetto), ed un tavolo della rete di coordinamento provinciale del privato sociale a cadenza mensile;
• Sessioni di promozione della salute, orientate ai fattori di rischio rilevati o alle richieste della comunità;
• Sessioni di orientamento, individuali e collettive guidate dai precedenti focus group, ai servizi territoriali di salute;
• Valutazione dei servizi di salute pubblica, attraverso questionari verso i beneficiari, gli operatori sanitari e sociali impiegati dall’Azienda Sanitaria Locale, e gli osservatori INTERSOS;
• Valutazione dell’impatto del lavoro stagionale sulla salute, attraverso informative, individuali e collettive guidate dai precedenti focus group, sui diritti del lavoratore stagionale, e relativi questionari dedicati ai beneficiari;
• Accompagnamenti di pazienti fortemente vulnerabili.
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Gli interventi si realizzano in 7 insediamenti informali, 3 volte alla settimana a all’ex pista aeroportuale di Borgo Mezzanone e al Gran Ghetto, 1 volta a settimana a Borgo Tre Titoli e zone limitrofe, Palmori, alla ex fabbrica Daunialat di Foggia, a Borgo Cicerone, e nella zona fra Poggio Imperiale e Lesina.
Tra visite mediche, orientamento socio-sanitario ed orientamento lavorativo individuali, e focus group con le stesse tematiche, contiamo in un anno 587 sessioni di intervento, con 4895 accessi totali di cui 2978 beneficiari alla prima utenza.
Intersos ha somministrato questionari socio-sanitari alla popolazione dei siti informali a due riprese, con un numero totale di 204 intervistati. Un intervistato su tre, di cui la metà del campione in Italia da 1 a 3 anni, ha dichiarato di non avere alcuna fonte di informazione rispetto ai servizi socio-sanitari, il 17.4% di informarsi attraverso le cliniche mobili, e ben il 21.5% dichiara di informarsi attraverso il passaparola, mentre è non sono utilizzate le informazioni scritte, o attraverso internet. Le survey mostrano una conoscenza del diritto alla salute estremamente bassa (12%).
Dai dati, socio-sanitari e lavorativi, emersi del progetto Capitanata di Intersos emerge la condizione vissuta dagli abitanti degli insediamenti, una popolazione giovane, dove la fascia più rappresentata è 18-29 anni (59%).
La nazionalità maggiormente rappresentata fra i pazienti è la senegalese (26%), quindi, gambiana (15%), nigeriana (13%), ghanese (12%).
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Conclusioni:
– Gli ostacoli di accesso alla Salute della popolazione migrante, in costante transito lavorativo, escludono i lavoratori dai percorsi di tutela sanitario, esponendoli dunque al rischio di un aggravamento delle loro condizioni socio-sanitarie.
– I dati raccolti nell’ambito del progetto di INTERSOS in Capitanata, congiuntamente alle modalità di informazione dei pazienti, sottolineano come sia determinante puntare ad una promozione dei servizi territoriali, attraverso la valorizzazione di informazioni socio-sanitarie di prossimità e delle figure di mediazione linguistico-culturale, per ridurre il costo umano, nonché economico, dei ricorsi impropri al comparto di emergenza-urgenza.
– Il SSN tutela con più difficoltà le persone che non dimorano stanzialmente in un singolo luogo, esponendo la grande popolazione di lavoratori abitati dei cosiddetti “ghetti” ad una tutela piena di ostacoli. Se questo è evidente nella popolazione maschile, che si sposta in autonomia e seguendo stagioni più regolari, il quadro diventa ancor più complesso in riferimento alla popolazione femminile, spesso vittima di sfruttamento.
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A fronte di ciò, queste le raccomandazioni di INTERSOS:
• E’ necessario un atto di responsabilità politica da parte dello Stato italiano, riconoscendo i lavoratori e lavoratrici senza permessi di soggiorno come tali, regolarizzando con permessi di soggiorno per lavoro chi altrimenti, nella realtà dei fatti, continuerà a vivere per sempre nel limbo della totale invisibilità e nell’inferno dell’abuso lavorativo, mantenendo vivo il fenomeno dello sfruttamento lavorativo.
• Le istituzioni devono affrontare la pluridecennale problematica dello sfruttamento lavorativo non attraverso approcci emergenziali e soluzioni fittizie, quali gli sgomberi fallimentari visti finora in Capitanata ed in altre zone del Sud Italia, ma attraverso un programma multidisciplinare che metta al centro le comunità interessate, a partire dai processi di ideazione di alternative strutturate alla marginalità, mettendo al centro il lavoro.
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